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Testo scritto dell’episodio
Secondo e ultimo episodio della miniserie dedicata alla gestione corpo-mente nello sport del ciclismo.
Anche se non hai ascoltato il precedente episodio,
non preoccuparti, ho reso questo episodio esaustivo,
ti consiglio, comunque, di ascoltare quello della settimana scorsa per avere un quadro completo
sui meccanismi legati alla personalità equilibrata,
una condizione essenziale per comprendere al meglio gli argomenti che ti sto per dire.
Esattamente si parlerà di alcune caratteristiche essenziali per un ciclista, cioè:
Queste informazioni e quelle della settimana scorsa sono tratte da un libro che ho letto tempo fa e che ho rispolverato recentemente,
intitolato L’allenamento mentale negli sport di resistenza. Scritto da Roberto Albanesi.
In questo libro trovi soprattutto ciò che serve per predisporre al meglio la tua mente agli sport di resistenza.
Sono Luigi vergari, ti do il benvenuto caro ciclista, sei su A Ruota Libera, il primo podcast di ciclismo pedalato e sensoriale.
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Nella descrizione di questo episodio metto tutto.
Se ti va c’è anche il canale Telegram che sta crescendo in questo periodo, ci scambiamo tanti pensieri e idee sul ciclismo.
Oltre agli immancabili commenti sugli episodi settimanali e le anticipazioni degli episodi futuri.
Ti Aspetto!
Perché la fuga in solitaria non è una tattica vincente, saremo un gruppo compatto fino al traguardo.
Allora rimani in scia A RUOTA LIBERA!
Detto questo comincio a parlarti
Le due forze di volontà.
Nello scorso episodio ti ho accennato ai tipi di forza di volontà, che descrive l’autore in questo libro.
La prima più potente, la freccia in più all’arco della tua vita,
è la forza di volontà anevrotica, questa è la vera forza di volontà,
utile e fondamentale per essere persone forti.
È la capacità di autocontrollarsi e forzare il proprio corpo e la propria psiche verso un obbiettivo (che può essere il miglioramento della qualità della vita).
Mentre il rovescio della medaglia è la forza di volontà nevrotica, quella di tipo compulsivo e controproducente,
che trasforma l’obbiettivo a cui aspiri in qualcosa per cui daresti tutto, anzi troppo.
questa forza di volontà non è una proprietà a tuo favore,
ma una nevrosi che distorce o amplifica il giusto valore dell’obbiettivo.
Un buon metodo per distinguere fra nevrotica e anevrotica è di valutare il grado di fatica che il soggetto percepisce:
chi usa la forza di volontà nevrotica percepisce una grande fatica che cerca di vincere grazie solo alla motivazione, quando cala la motivazione è spacciato;
Chi ha, invece, una forza di volontà anevrotica la usa con naturalezza, è normale autocontrollarsi per lui ed il grado di fatica è molto basso,
raggiunge l’obbiettivo a prescindere dalla gratificazione o dalla motivazione.
L’interpretazione da dare a questo concetto, delle due volontà, è questo:
Non devi cercare obbiettivi assurdi, non hai bisogno di motivazioni o gratificazioni esterne per dare il massimo e vivere serenamente lo sport.
Devi raggiungere il dominio completo sul tuo corpo e sulla tua psiche,
a quel punto sarai una persona forte, equilibrata e uno sportivo esemplare.
Ti renderai conto di avere le capacità che ti servono per raggiungere i risultati desiderati,
senza comportamenti esasperati ma con calma e serenità.
Cerco di darti degli spunti per passare dai ragionamento alla pratica.
Per arrivare in cima a quella salita che, per timore, non avevi mai provato,
Per migliorare il tempo personale, sul tuo giro preferito.
Qualunque sia il tuo obbiettivo.
Hai due modi per ottenerlo:
Puoi arrivare in cima a quella salita per dimostrare al tuo compagno più in forma di te che anche tu sei determinato come lui e puoi fare meglio di lui!
Puoi mettere il record su Strava a quel percorso tanto tosto, così tutti lo vedranno con una tua bella foto.
Questo è il modo sbagliato di usare la tua forza di volontà,
perché quella volta che il tuo compagno non c’è tu su quella salita non ci ritorni manco per caso.
Quando l’app di Strava si blocca o il telefono è scarico, su quel percorso farai una passeggiata.
In poche parole, quando non c’è uno stimolo esterno perdi tutta la grinta e la volontà.
Devi lavorare su te stesso e sul tuo autocontrollo!
Se veramente vuoi passare al livello successivo è fondamentale indirizzare la forza di volontà su te stesso:
- Evita le dipendenze (fumo, Alcol. ecc)
- Fai una giusta alimentazione
- Affronta e supera le tue fobie
- Dormi il giusto
- Allenati scrupolosamente
Ricercare un autocontrollo globale, ti permetterà di dominare la tua mente e il tuo corpo.
Questo è il modo giusto di incanalare la tua forza di volontà per
diventare una persona forte ed equilibrata e un ciclista a 360 gradi.
I miglioramenti sportivi saranno visibili a te
ed il cambiamento dello stile di vita sarà palese anche a chi ti circonda.
Uno di questi miglioramenti sportivi sarà la gestione della fatica.
La Fatica
L’avversario principale del ciclista è senza dubbio la fatica,
molta o poca, prima o poi,
ogni ciclista deve gestire la fatica.
Il meccanismo di gestione della fatica è un ciclo a tre stadi.
- Acquisizione
- Elaborazione inconscia
- Elaborazione cosciente
Acquisizione
L’acquisizione avviene grazie a sensori sofisticatissimi, i segnali prodotti dell’attività fisica sono inviati al cervello.
Elaborazione inconscia
Questi segnali sono elaborati dalle aree sottocorticali del cervello.
L’elaborazione è inconscia.
Il risultato di questa elaborazione è un dato complessivo, che d’ora in poi chiameremo fatica finale (FF).
Elaborazione cosciente
A questo punto si elabora il la FF e c’è una risposta;
Per esempio l’atleta decide di frenare
o di mantenere il ritmo perché “sente” che il livello di fatica è sostenibile,
può rallentare perché sente le gambe dure ecc.
La risposta alla FF (terzo stadio del ciclo) è del tutto individuale.
Quindi come puoi imparare a gestire la fatica finale?
Albanesi, l’autore del libro, insiste sulla concentrazione mentale.
Scrive che:
“Negli sport di resistenza il segnale della Fatica Finale
è ridotto dalla concentrazione positiva
e amplificato dalla concentrazione negativa”
Quindi una concentrazione sbagliata può essere controproducente.
Un esempio classico di concentrazione negativa è quello del principiante
che non ha ancora l’abilità di concentrarsi in maniera positiva,
la sua mente tende a pensare negativo.
Per esempio sul fatto che c’è troppo caldo, che respira troppo affannosamente, che ha dolore alle gambe, ecc..
Il segnale di FF si amplifica notevolmente e di conseguenza la prestazione sarà fiacca.
Mentre la concentrazione positiva funziona come filtro per ridurre il segnale della FF.
Elenco alcune situazioni a cui puoi pensare per filtrare la fatica finale,
lo scopo è quello di distogliere il cervello mentre elaborare la fatica,
concentrandoti il più possibile per esempio sul
- Sulla frequenza di pedalata.
- Sulla respirazione
- Sugli avversari che ti precedono
o sui compagni che sono davanti a te - Se sei in scia sulla ruota di chi ti precede
Come vedi sono tutti pensieri che impegnano il cervello,
costringendolo a focalizzarsi su altro,
distraendolo dalla fatica.
Anche il mio personale stratagemma è riportato su questo libro,
pensare al percorso di gara o al percorso che farò in quella uscita,
lo suddivido in tappe e mi concentro sulla strada,
riesco a gestire molto bene fatica.
Considera che la resistenza alla fatica è del tutto individuale.
Quindi anche i il modo di concentrarsi per gestirla al meglio, è del tutto personale.
Questa caratteristica dipende da innumerevoli fattori.
Il rapporto con la fatica scaturisce senza dubbio dalla forza di volontà anevrotica di cui ti ho parlato prima,
Dalla personalità, più è equilibrata meglio si gestisce la fatica, ne abbiamo parlato nell’episodio della settimana scorsa.
Un altro fattore importante che ti aiuta a distrarre la mente dalla percezione della fatica è la motivazione.
La motivazione, il sentimento a cui ti aggrappi nei momenti di maggior fatica,
quando devi raschiare il fondo del barile delle energie.
Occhio! Perché anche con la motivazione si rischia di sbagliare.
Vediamo meglio la motivazione!
Motivazione
In gara o negli allenamenti, il ciclista, se non è motivato, avverte maggiormente la fatica.
La motivazione è essenziale anche al di fuori dalle prove sportive,
la motivazione, fra un allenamento e l’altro è legata con la vita stessa del ciclista.
Questo vuol dire che il tipo di sportivo che sei,
dipende dalla motivazione che hai
e scaturisce dall’importanza dello sport nella tua vita.
Questo libro descrive cinque tipologie di atleti che praticano gli sport di resistenza spinti da queste cinque motivazioni:
- Benessere
- Socializzazione
- Protagonismo
- Denaro.
Divertimento
Il divertimento e la motivazione più potente, secondo me la più diffusa tra i ciclisti amatori.
“Ora ci divertiamo” è la parola d’ordine, non importa il risultato, l’avversario, il piazzamento.
Concentrati su ciò che ti fa divertire mentre gareggi o ti alleni,
sulle sensazioni che ti danno un’intima soddisfazione e cerca di gustartele una a una.
Scopri, mediante un’autoanalisi cosa ti piace dello sforzo fisico legato al ciclismo,
cosi sfrutterai al meglio questa potente motivazione.
Ricorda il divertimento è alla base di tutti gli sport!
Benessere
È una motivazione molto diffusa.
Le campagne salutiste ci bombardano con il concetto che lo sport fa bene,
molti sono motivati, soltanto, dalla preoccupazione di avere un corpo in forma, un peso corretto, ecc..
Classico caso quello di chi va in palestra:
l’80% dei frequentatori della palestra fanno sport con lo stesso senso di costrizione con cui seguono una dieta.
Molti stanno in palestra più di un’ora, ma in realtà eseguono esercizi solo per un quarto d’ora.
In questi casi la motivazione del benessere porta il soggetto a simulare l’attività fisica,
senza arrivare, affatto, alla soglia di fatica.
L’autore del libro propone un test, per rispondere a chi si chiede se in palestra fa sufficientemente sport:
prova a percorrere dieci chilometri a piedi (anche alternando corsa e cammino).
Se ci impiegate più di un’ora non fate abbastanza sport.
Quindi questa motivazione del benessere non è sufficiente,
non frequenti la palestra per fare sport seriamente e non hai un livello aerobico decente.
Negli sport di resistenza ciò non è possibile, nel ciclismo non puoi barare.
Anche se sali piano per una salita di 5 o 10 km è sempre un’attività fisica e la fatica si sente!
Un ciclista che usa solo la motivazione del benessere come stimolo,
rischia di godere solo in parte di questo sport,
comunque rimane una nobile motivazione.
Socializzare
Prova a chiederti se le persone con cui esci in bici sono persone che stimi,
che rispetti, con le quali hai feeling, non solo nello per le uscite in bici.
Se sì, allora la socializzazione è positiva,
perché tutti questi valori sono i classici di un’amicizia,
condizione alla base di ogni socializzazione, e che porta automaticamente vantaggi non solo quando si va in bici.
La socializzazione nello sport, in particolar modo nel ciclismo, agevola molto la creazione di gruppi.
L’appartenere a un gruppo e molto positivo per i benefici che si ottengono anche a livello individuale.
Te ne dico alcuni:
- Sapere che, oggi, c’è qualcuno che si allena è uno sprone a farti uscire in bici con lui.
- La fatica si sente di meno se si esce in compagnia perché il compagno di allenamento diventa un riferimento positivo.
- Nel gruppo spesso si hanno obbiettivi comuni, specialmente quando ci si allena tutti per una granfondo al quale si partecipa insieme.
- In genere chi si allena in gruppo, per rispetto verso i compagni, dà all’allenamento una priorità maggiore di chi si allena da solo.
Non pensare che allenarsi in compagnia sia possibile solo se tutti hanno lo stesso stato di forma,
in un gruppo di amatori questo è veramente raro.
Troverai sempre gente al tuo livello con cui ti puoi accodare.
A maggior ragione se sei un neofita,
in gruppo riuscirai a imparare a stare a ruota
e ci sarà sempre qualcuno pronto a darti consigli sui tuoi dubbi.
La socializzazione nel mondo del ciclismo è un valore aggiunto, ricordalo sempre,
se hai la possibilità di esci un gruppo, fallo!
Qualche risata ci scappa sempre e raggiungerai vantaggi a livello sportivo e personale.
Usare la motivazione socializzare e potente quasi come il divertimento, secondo la mia esperienza.
Non il sottovalutare!
Rimangono le ultime due motivazioni di cui parlare quelle più dure da mandare giù, cominciamo con…
Il Protagonismo
L’autore del libro considera difficile questo capitolo, perché questo argomento porta a criticare molti atleti che fanno sport solo per avere visibilità sociale.
Se per un professionista la visibilità sociale è rappresentata da televisione, giornali, sponsor ecc. per un amatore il protagonismo è ingiustificabile.
Avere come unica motivazione il protagonismo oggi è molto più facile che in passato, specialmente per la vita virtuale che molte persone vivono sui social,
ho l’impressione che molti ciclisti se non ci fosse Facebook su cui postare le proprie uscite farebbero tranquillamente a meno di prendere la bici.
Personalmente sono dell’idea che al posto di stare stravaccato sul divano, va bene tutto purché si faccia dell’esercizio fisico,
anche se lo stimolo è dato dai like su Instagram in fin dei conti qual è il problema.
Problemi che possono sorgere quando il protagonismo diventa compulsivo,
ti elenco i danni che può provocare lasciarsi sopraffare delle manie di protagonismo:
- Perdere oggettività perché si tende a barare, diventa più importante apparire che essere.
- Spinge verso ogni forma di aiuto lecito (integratori) o illecito col rischio doping.
- Crea delle relazioni finte: non illudetevi di essere amati solo perché qualcuno vi ammira o invidia i vostri risultati,
ci vuole ben altro per costruire solidi rapporti umani. - Spesso il malato di protagonismo non è che un campione fallito che sicuramente non sarà un buon esempio per i propri figli,
trasmettendo loro solo valori negativi come il desiderio di vincere a tutti i costi,
la creazione di aspettative irrealistiche che poi generano solo delusione - Fa anteporre la visibilità al divertimento, rendendo fragile la “vita sportiva”, spinge a comportamenti poco sportivi,
come l’invidia nei confronti degli avversari fino a veri e propri illeciti in gara tipo tagli di percorso e trucchi di ogni genere.
Purtroppo queste sono squallide realtà che mi è capitato di vedere, questo tipo di protagonismo nel ciclismo è veramente dannoso.
Quindi va bene la caccia di like sui social, ma occhi a non esagerare.
Ti parlo ora dell’ultima motivazione ch’è elencata in questo capitolo del libro
Il Denaro
Questa riguarda solo i professionisti perché sono gli unici che guadagnano con le loro performance sportive,
anche se il ciclismo non è il più pagato degli sport,
molti professionisti arrivano a essere spinti solo da questa motivazione,
che non da nessun giovamento alla loro carriera.
Ti faccio un esempio:
Consideriamo un professionista che ha appeso la bici al chiodo da cinque, dieci anni.
Se lo ritroveremo ingrassato, ormai sedentario, senza più nessuna pratica dello sport,
è ovvio che faceva sport non perché si divertiva,
ma perché lo considerava un lavoro o perché gli dava visibilità sociale (o per entrambe le motivazioni).
Se avesse amato veramente il ciclismo avrebbe continuato a praticarlo anche a livelli più modesti.
E per oggi e tutto cari ciclisti e care cicliste,
gli avvisi per entrare anche tu a far parte della nostra fantastica community te li o già dati,
trovi tutto nella descrizione dell’episodio,
se ti piacciono i miei podcast corri a registrati alla mail list, Ti aspetto
Perché la fuga in solitaria non è una tattica vincente, saremo un gruppo compatto fino al traguardo.
Allora rimani in scia A RUOTA LIBERA!