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Giovanni è Uno di noi, perché ha preferito l’eleganza della bicicletta alla violenza del calcio.
Uno di noi, perché anche per lui la bici non è un mezzo di trasporto ma una parte di sé.
Uno di noi, perché anche lui è tornato a casa bagnato fradicio, morto di freddo o squagliato dal sole.
Uno di noi, perché il sabato sera non va con gli amici,
deve svegliarsi presto e uscire in bici domenica mattina.
Giovanni e uno di noi, perché anche lui aveva paura della poca sicurezza sulle strade,
ma ha perso la vita per la poca sicurezza in una gara.
Ciao Giovanni.
Il gruppo compatto spunta, sul rettilineo d’arrivo, è via Roma, molino dei torti, i giovani corridori under 23, iniziano a predisporre le cordate per tirare la volata e portare i velocisti della propria squadra, sulla linea d’arrivo, del circuito Molinese. Infuria la bagarre, gomitate, spallate, sembra un’onda tumultuosa che si avvicina a riva.
Più avanza più le traiettorie delle bici sono nevrotiche. Quando a 144 metri dal traguardo una scheggia impazzita sfugge dal gruppo, è Giovanni Iannelli, un tocco più vigoroso, forse troppo azzardato, scaraventa il corridore del team Cipriani e Gestri su uno spigolo tagliente di una colonna di mattoni rossi, uno di tanti ostacoli di cui quel rettilineo finale era pieno. L’urto è così violento che il casco si spacca il corridore vola in elicottero all’ospedale di Alessandria, nonostante l’intervento Giovanni non c’è la fa e nuore dopo due giorni.
Questo episodio di A ruota Libera è molto particolare. Non c’è la solita sigla, ma il racconto di una brutta storia, un ciclista ha perso la vita per strada, ma questa volta la strada non è aperta al traffico, non circolano auto che non danno la precedenza, ma la trappole sono disseminate ovunque al bordo strada e nessuna barriera impedisce di cascarci.
Giovanni Iannelli con i suoi 22 anni poteva essere un figlio per gran parte di noi considerata l’età media dei ciclisti italiani, e proprio per questo, la sua triste vicenda ha avuto un forte riverbero nella nostra collettività, il popolo del ciclismo.
Oggi è con noi, il papà di Giovanni o meglio il Babbo Come lo chiamava lui, Carlo Iannelli, che ci ha concesso una toccante intervista telefonica, per questo l’audio è un po’ distorto, in cui ci racconta quanto ha ricevuto con la sua passione per il ciclismo dalle sue cariche istituzionali ricoperte per anni nella Federazione, ma anche quanto ha lasciato nel ciclismo con la morte di suo figlio Giovanni.
4 risposte su “Giovanni Iannelli: Uno di Noi”
Ciao Giovanni💕
Toccante. Che persona il papà di Giovanni!
Ciao Giovanni R.i.p e che la terra ti sia lieve 🙏🌹😭 e che la tua dipartita possa avere giustizia,x far si che non si debbano piangere altri ragazzi.Carlo a te, ed a tua moglie mando un bacio, ed un abbraccio,sperando possa allevviare un poco il vostro dolore
Carlo, intervista che toglie il respiro, riempie gli occhi di lacrime e lascia chiunque senza parole. Te ed Anna siete persone meravigliose che ammiro con tutta me stessa dal profondo del cuore. Un esempio da seguire… Giovanni poteva solo essere figlio vostro. Un abbraccio immenso ♥️